Palazzo Morpurgo
Via Savorgnana 12, UdineIl palazzo si formò grazie all’accorpamento di più abitazioni minori abitate fino al Settecento dalla vecchia e nuova nobiltà(famiglie Erasmi, Strassoldo, Colloredo, Candida, Susanna e Burali). I Burali vendettero nel 1705 la proprietà ai Sarmede, dinastia di mercanti che rinnovarono totalmente il complesso portandolo alle forme attuali.
A inizio Ottocento i Conti di Valvason fecero decorare gli interni da Giambattista Canal e Giuseppe Borsato con un bellissimo ciclo di affreschi di gusto neoclassico, mentre tra l’800 e il 900 i baroni Morpurgo, nuovi proprietari, apportarono nuove modifiche per esigenze abitative.
A rendere palazzo Morpurgo uno tra gli edifici più ricchi di storia ed arte della città è dunque la stratificata serie di interventi che l’hanno interessato, avviati probabilmente dopo il 1727 dai Sarmede che iniziarono a riedificare il complesso per dargli un aspetto unitario degno della ricca famiglia. I lavori riguardarono soprattutto il riallineamento dei solai e la facciata, alla quale venne dato un aspetto elegante oltre che unitario. Il corpo di fabbrica familiare venne unito a quello che si allungava verso il cortile, e quest’ultimo venne chiuso con un loggiato –belvedere di pregio dominato da sculture raffiguranti le Stagioni.
Quando i Valvason acquistarono il palazzo a fine Settecento iniziò una nuova fase di lavori, in particolare sul piano nobile, dove vennero eliminati i ballatoi e abbassato il soffitto del salone quasi al livello delle altre stanze del piano. I lavori vennero completati nel 1807: ora chi saliva dallo scalone di pietra poteva ammirare sul soffitto le Allegorie della Fama e della Verità celebranti la famiglia Valvason, nel contesto del ricco ciclo decorativo di Canal e Borsato che tutt’oggi qualifica gli interni.
Nel 1871 la casa di via Savorgnana fu ceduta al banchiere Abramo Morpurgo, esponente di un’importante famiglia di origine ebraica. Membro di quella borghesia liberale che investiva capitali nella finanza, nel commercio e nell’industria, ma che sentiva anche il dovere di occuparsi della “cosa pubblica”, Abramo Morpurgo si impegnò attivamente ricoprendo cariche tra cui quelle di consigliere comunale, membro della camera di Commercio ed Arti e fondatore della Banca di Udine, di cui fu vicepresidente fino alla morte, avvenuta nel 1877.
Con l’acquisto dei Morpurgo inizia una terza fase di lavori nel palazzo dovuti a nuove necessità abitative (i servizi igienici, i termosifoni, l’ascensore), ma anche dettati dal nuovo gusto, come gli affreschi ornamentali tardo Ottocenteschi del primo piano rinvenuti dopo i lavori di restauro, o il cortile che venne trasformato in giardino romantico, pur mantenendo il palazzo l’impronta settecentesca.
Nella decorazione di palazzo Morpurgo di notevole rilievo risultano gli affreschi parietali del Cinque – Seicento recentemente rinvenuti al piano terra ed in particolare quelli scoperti sulla parete di confine situata a nord, testimonianza di una diversa disposizione dei solai, rialzati e riallineati nel corso del Settecento. All’indomani dall’acquisto della dimora gentilizia, la famiglia Sarmede inizia ad ospitare molti artisti per decorare la residenza con quadri e stucchi dando contemporaneamente vita ad una cospicua quadreria che annovera dipinti di vario genere, ritratti e alcune miniature, per la maggior parte di anonimi.
In un clima favorevole allo sviluppo culturale e agli studi dell’arte e dell’archeologia si inseriscono i cicli pittorici voluti all’inizio Ottocento, dal nuovo proprietario del palazzo, Ludovico Valvason, che decise di aggiornare le decorazioni secondo i nuovi stilemi neoclassici. L’incarico – circoscritto al soffitto dello scalone, al salone e a tre stanze adiacenti – venne affidato a Giambattista Canal, prolifico pittore-decoratore veneziano attivo in Veneto e Friuli, e Giuseppe Borsato, specializzato in apparati prospettico-ornamentali e anch’egli attivo nella medesima zona.
Giunto in Friuli nel 1794 per riformare il Teatro Sociale di Udine, Canal segnò molto il gusto dei nobili impegnati nel rinnovamento architettonico-decorativo delle loro dimore: ne è un chiaro esempio il soffitto dello scalone dove il pittore veneziano dipinge, entro una cornice mistilinea ancora di gusto rococò, la Fama che annuncia la virtù di casa Valvason. Rappresentata come una figura femminile che suona una tromba e regge un ramo d’ulivo, la Fama si libra nel cielo mentre la Verità seduta tra nubi regge con la mano sinistra una corona d’alloro sopra lo stemma dei conti Valvason, un leone rampante su campo argentato mentre attorno tre putti inanellano ghirlande di fiori.
Spettacolare è il salone d’onore, a cui si accede tramite una porta con vetri sabbiati a tenui motivi neoclassici, presenti anche al piano terra e al piano nobile, unico esempio del genere pervenuto in città. Al centro del soffitto Canal dipinge centralmente Il carro di Apollo eseguito con una ricchezza di particolari e un’arditezza dell’illusionismo prospettico che rendono unico questo salone. Nei due riquadri minori campeggiano invece delle figure angeliche monocrome, inginocchiate a reggere una corona d’alloro mentre a Giuseppe Borsato è da attribuire l’elegante decorazione ad ottagoni che circonda i riquadri.
Sulle due pareti maggiori sono raffigurati finti colonnati marmorei di ordine corinzio che introducono ad ambienti con vasi decorati e fregi con scene classiche in bassorilievo. Ai lati, sopra colonne spezzate che fungono da piedistalli, si ergono i due gruppi scultorei raffiguranti Venere e Marte e probabilmente Orfeo ed Euridice. In questo ciclo udinese il ricorso alla simulazione della scultura è talmente rilevante da diventare motivo dominante dell’intera decorazione, in esplicito omaggio all’arte di Antonio Canova, artista amato tanto dal Canal – che intende riprodurne i “modi” – e dalla committenza. Specifici rimandi allo scultore di Possagno sono visibili nei due vasi ornamentali sul corpo dei quali si possono riconoscere scene come La morte di Priamo e Briseide consegnata agli araldi, raffigurati fra le colonne ai lati delle figure centrali e sicuramente tratte dai bassorilievi in gesso noti in tutta Europa e realizzati dal famoso artista tra il 1787 e il 1792.
Le caratteristiche architettoniche di Palazzo Morpurgo inducono a ritenerlo opera di Luca Andreoli jr., capomastro ticinese di Vico Morcote, collaboratore di Domenico Rossi e, soprattutto, seguace ed ammiratore del veneziano Giorgio Massari, attivo a Udine a partire dal quarto decennio del Settecento. A caratterizzare la dimora gentilizia sono gli elementi architettonici della facciata, ideati per scandire i quattro piani della costruzione il cui aspetto opulento è affidato al monumentale portale in pietra con stipiti interni sagomati, sormontato da una serliana balconata. Notevole è inoltre la presenza del “passalizio” (ponte di legno che unisce due parti della casa, unico esempio del genere per Udine) e dell’alto sottoportico con travatura a vista che conduce al cortile interno. A delimitare questa sorta di giardino architettonico è una loggia di gusto neoclassico con volta a botte che separa la corte interna dal giardino all’italiana. Al di sopra dei quattro archi a tutto sesto sostenuti da colonne binate, la loggia è composta da una cornice architravata sormontata da due balaustre sulle quali poggiano otto raffigurazioni allegoriche delle Quattro stagioni e delle attività ad esse connesse attribuibili ad un Mattiussi “tagliapietre” che, secondo una nota di spese, risulta averle poste in opera attorno al 1782. L’accesso al piano superiore del palazzo è garantito da uno stretto ed alto scalone a due rampe ricavato nel sottoportico e sul quale si affacciano finestre riquadrate in pietra e protette da eleganti inferriate.
Raffigurazioni di busti di filosofi decorano le sovrapporte, ma sicuramente l’aspetto più interessante di questo ciclo pittorico risiede nella presenza all’estremità delle pareti maggiori, all’interno di finte nicchie, delle raffigurazioni delle statue canoviane di Ercole e Lica e dei pugilatori greci Greugante e Damosseno. Nelle sale minori adiacenti, anch’esse rettangolari, il registro decorativo abbandona i toni solenni per diventare più leggero e giocoso.
Nella sala sul cui soffitto sono raffigurati Zefiro e Flora nell’atto di incoronarsi reciprocamente, si possono ammirare un finto bassorilievo a monocromo celebrante il ritorno di Telemaco in Itaca disposto come sovrapporta e, sulla parete di fronte, l’episodio di Alessandro che dona Campaspe ad Apelle. Agli angoli del soffitto, attorno all’affresco centrale, sono disposte delle placchette esagonali con figure femminili monocrome su sfondo rosso pompeiano, reggenti lire e cornucopie. Tra queste, profilate in stucco, corrono fasce con leggerissimi ornati su fondo chiaro a festoni, vasi, nastri ed altre placchette con esili figure su fondo nero, tutti motivi tipici di Borsato mentre di mano di Canal sono le delicate scene classicheggianti delle placchette, condotte in punta di pennello.
Nella seconda sala la sovrabbondanza di motivi ornamentali permette di ascrivere il formulario ornamentale di Borsato al gusto Impero. Lungo la fascia superiore delle pareti corre un finto velario simulante una struttura a padiglione, sorretta da colonnine vegetali interrotte a metà da dei brucia-profumi e scandita da coroncine di gusto “Adam” sorrette da nastri. Sopra dei finti basamenti Giambattista Canal dipinge su fondo color crema tra elegantissime candelabre su fondo bianco le Ore danzanti a gruppi di tre affiancate da una tredicesima figura, allegoria del Silenzio, alludenti al trascorrere del tempo. Sul soffitto, riquadrato con esuberanti motivi decorativi, si staglia invece l’allegoria della Notte. Nella grande stanza a destra del salone, il soffitto è dominato da quadrature ed ornamentazioni del Borsato mentre nel tondo centrale la rappresentazione di Giunone, Minerva, Venere e Paride con il pomo della discordia è opera di Giambattista Canal.
Quando i Morpurgo acquistarono il palazzo fecero decorare alcune stanze con tenui motivi ornamentali e diedero molta importanza al giardino romantico, abbellendo la vasca d’acqua con un’elegante statua in pietra raffigurante una Ninfa di gusto neoclassico, eseguita alla fine dell’Ottocento dallo scultore udinese Leonardo Liso e particolarmente nota per esser stata posta sulla fontana antistante la Galleria di Belle Arti di D’Aronco nell’Esposizione Regionale di Udine del 1903. L’amore per l’arte della famiglia Morpurgo, ed in particolare del senatore Elio, è testimoniato anche dalla collezione di opere d’arte otto – novecentesche, la maggior parte delle quali sono passate per lascito testamentario degli eredi, la signora Elda Hofmann Morpurgo e l’ingegner Enrico Hofmann, ai musei civici udinesi.
Testro tratto da Udine Cultura